Decidere per se stesse
Il 25 novembre, da donna disabile privilegiata.

Oggi mi trovo a riflettere sul mio modo di stare al mondo come donna con disabilità.
Mi chiedo quanta parte della mia vita sia stata fatta di scelte mie e quanta invece di gesti pensati per proteggermi.
È una linea sottile, quella tra l’amore che sostiene e quello che, senza volerlo, trattiene. Amore è anche protezione. A volte però quella protezione pesa: si infila nei gesti quotidiani, nelle decisioni prese da altre persone “per il mio bene”, nelle paure che diventano abitudine. E io mi ritrovo a chiedermi: dove finisce la sicurezza e dove comincia la libertà?
Ci sono momenti in cui l’amore diventa così presente da lasciare poco spazio. Non è una mancanza d’amore, è forse troppo amore — quello che protegge fino a coprire anche i margini dove potrei crescere da sola. È l’amore di chi teme il mondo, teme il rischio, teme che tu non ce la faccia e allora preferisce fare al posto tuo.
Questo aiuto, quando non lascia spazio alla mia voce, rischia di diventare una forma di limite — gentile, ma pur sempre un limite. E finisce per togliere libertà anche a chi lo esercita, perché vivere nella preoccupazione significa smettere di vivere la propria vita. Come mi ha detto una volta un prete, “preoccuparsi” vuol dire occupare prima il posto di qualcun altro — e spesso, chi si prende cura di me finisce per occupare il mio spazio e rinunciare al proprio.
Con il tempo ho capito che l’autonomia non è solo una questione di libertà, ma anche di sopravvivenza. È una forma di difesa contro la dipendenza forzata, contro il “ci pensiamo noi”.
Autonomia, dal greco autós (“stesso”) e nómos (“legge”), significa letteralmente “darsi la propria legge”. Per me è questo: poter dire “Io ci sono, decido, partecipo”. Sì, ho bisogno di aiuto, ma voglio che sia un aiuto che apre, non che chiude.
In questi anni ho capito anche che l’autonomia è un privilegio. Non tutte le persone con disabilità possono permettersi di decidere per sé. C’è chi non ha le risorse, chi non ha famiglie che sostengono, chi vive in territori dove le opportunità non esistono. Il privilegio non sta solo nei servizi o nei soldi, ma nella possibilità di immaginare una vita diversa e di essere ascoltati mentre la si costruisce.
Il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne,1 per me è anche questo: un invito a riconoscere tutte le forme in cui la libertà può essere ridotta, anche in nome dell’amore o della cura. Non per accusare, ma per comprendere quanto la libertà sia un bene delicato, che si coltiva insieme.
Io non voglio vivere “al sicuro” se quella sicurezza mi costa la possibilità di essere me stessa. Voglio una vita che contenga anche la paura, ma che resti mia. Una vita dove l’aiuto sia una mano tesa, non una barriera. Dove la cura non si confonda con il controllo.
Il mio 25 novembre oggi è questo: un piccolo passo verso la libertà, dentro casa, dentro le relazioni, dentro la mia idea di futuro. Un promemoria per ricordarmi che scegliere per sé è un atto politico e a volte anche un atto di resistenza.
Ci sono molti modi di dire no alla violenza. Il mio, oggi, è dire sì alla mia autonomia.


Ne abbiamo parlato spesso della "protezione a fin di bene" e di quanto sia naturale questo impulso di protezione, ma so anche quanto è importante questo tuo messaggio, pieno della tua determinazione, del tuo coraggio, della tua spontaneità e del tuo orgoglioso essere! Chapeau ! Un abbraccio 😘
"io non voglio vivere “al sicuro” se quella sicurezza mi costa la possibilità di essere me stessa. Voglio una vita che contenga anche la paura".
Una delle cose più belle che tu abbia scritto Chiara ❤️